Sonntag, 25. August 2013

Io vivo in un'altra Germania

Io sono un'affamatissima lettrice di blog, soprattutto expat blog. Mi piace molto leggere le esperienze di chi come me non vive in Italia, viste con degli occhi simili ai miei.
Gli occhi italiani sono severi,  non la fanno passare liscia ai difetti dei nuovi concittadini. Nelle mie letture c'é un'altissima concentrazione di conferme dei luoghi comuni, quelli che ci siamo portati dietro dal Bel Paese.
Forse non me li ricordo neanche tutti, ma chi non li conosce?
Ho voluto alla fine parlarne anch'io, per quanto, come sempre, la mia sia solo ed esclusivamente un'opinione tra le tante, non migliore, non peggiore, "altra".
Il mondo delle opinioni ha un'eccezionale vantaggio, quello di non pretendere di dire la veritá, quindi puó permettersi di discostarsi da ció che dicono gli altri, anche se questi sono in maggioranza. Perció non me ne voglia chi fa parte di suddetta maggioranza e forse scambia "piú diffuso" per "giusto".
Bene, cominciamo.

I tedeschi sono freddi.
Per quanto ho potuto constatare, i miei nuovi connazionali sono molto amichevoli e lo sono a prescindere da chi sei, da come ti vesti e da quanto hai in tasca. Io sono arrivata qui senza niente, con due valigie e basta. Non mi aspettavo un'accoglienza calorosa, pensavo che mi avrebbero maltrattata 24 ore al giorno. Invece fin da subito ho trovato tantissime persone pronte ad aiutarmi, che mi hanno riempita di consigli e dritte su come cercare un appartamento ed un lavoro, mi hanno accolta in casa loro e presentato i loro amici. Se cadi per strada c'é sempre qualcuno pronto a tenderti la mano per rialzarti, se chiedi un'informazione spesso si offrono di accompagnarti per un tratto di strada.
Non fraintendetemi, c'é anche una marea di residui di funzioni corporali che faranno di tutto per dissuadervi dal fermarvi stabilmente in questo Paese. Ho incontrato un paio di impiegati di uffici pubblici che andrebbero letteralmente denunciati, oppure altri che ti snobbano perché sei "Ausländer" ma non costituiscono un campione abbastanza vasto da farmi pensare che sia la normalitá.
Le esperienze negative le ho fatte principalmente all'inizio, quando esprimermi era seriamente un problema. Adesso so rispondere per le rime e certi soggetti abbassano subito la cresta se si rendono conto che non sono una sprovveduta.
Paradossalmente proprio questo atteggiamento mi ha fatto dubitare della loro algiditá.
Credo che sia necessaria una buona dose di empatia per comprendere al volo che tipo di essere umano hai davanti e modularti in base alla tua pecezione. Se ti dimostri fermo e deciso (attenzione, non arrogante) difficilmente vieni preso in giro. Se hai un comportamento gentile e disponibile ispiri di rimando gentilezza.
Ma questo vale a prescindere dalla nazionalitá, oder?
Quindi, piuttosto che etichettare direttamente il teutone come "freddo", preferisco dire che é diffidente, agisce e in base alla reazione si comporta.

In Germania si mangia male.
Questo é un caposaldo fra gli stereotipi. Ma in che senso, che vuol dire? E rispetto a cosa? A volte non capisco se si intenda dire che il tedesco medio si cibi di sola spazzatura oppure che in Germania non esista proprio una tradizione culinaria. In entrambi i casi mi sento di dissentire.
A parte che, per come io intendo il "mangiare sano", penso si mangi ormai male anche in Italia, ma anche facendo riferimento ad un concetto piú vasto di bontá quell'idea non trova fondamento.
Qui non ci si nutre mica solo di Wurst, Schnitzel e patate! Ho avuto modo di vivere con una signora che cucina ancora in modo tradizionale e mi sono leccata i baffi ogni giorno. Si, é vero, la carne la fa da padrona e i piatti sono piuttosto grassi; le patate sono un contorno quasi irrinunciabile, ma le cucinano in mille modi e con condimenti diversi,; ci sono tantissimi tipi di cereali usati in svariate preparazioni; le verdure non mancano. Vogliamo parlar di quanti tipi di zuppe esistono o di quanto sono buoni i dolci? Insomma dove sta il problema?
Forse un intoppo c'é e non é trascurabile. Sempre meno giovani imparano a cucinare e contando che certe pietanze richiedono ore per essere preparate, non mi stupisce. Allora si va giú di hamburger, pizze e kebab e la salute va a farsi benedire.

I tedeschi si vestono male
Ebbene si, ancora nel 2013 esistono esemplari di piedi con sandalo e calzino, ma per lo piú si tratta di anziani... Quando mi trovo a passeggiare oppure esco con delle amiche mi stupisco sempre di come riescano a mettere insieme una serie di capi con tessuti e colori diversi, ottenendo, nonostante tutto, un risultato molto gradevole. Per quel che ho potuto appurare, spinti forse dal clima molto variabile, hanno un grande talento per l'abbigliamento a strati. Si vedono innumerevoli fanciulle con 4 strati di diversa trama e pesantezza, pettinature realizzate in 5 minuti che sembra abbiano richiesto ore, make up semplicissimi che danno l'idea del "pulito"...meraviglioso, non ci sono altre parole per descrivere il loro aspetto (si, qualche maschietto ne troverebbe di piú fantasiose). Provo un'enorme ammirazione per loro, dovuta piú che a questo talento in sé, all' impressione di comoditá che ha quel modo di vestirsi. Ecco, forse la definizione piú calzanze per la loro maniera di abbigliarsi é: semplice, comoda, funzionale.
Io personalmente provo ogni giorno un senso di libertá immenso quando apro l'armadio e in due secondi trovo le cose che mi servono. In Italia era un inferno, solo che non lo sapevo. Ogni santo giorno dovevo fare attenzione a una serie assurda di variabili: tonalitá dello stesso colore che dovevano essere abbinate con estrema accuratezza (due blu insieme GIAMMAI); tessuti che dovevano assolutamente coordinarsi, compensarsi, richiamarsi o chissá che; fantasie e stampe da dosare con cura e ponderazione; calcolo al cm di dove doveva terminare il top perché altrimenti ti fa piú grassa, piú bassa, meno curata etc.etc. Trascuro di parlare di borse e scarpe.
In questo esatto momento mi rendo conto che avrei potuto scrivere un libro sull'argomento, come quasi tutte le donne italiane che conosco, ma mi veniva spontaneo, non ci facevo quasi caso. Allora la questione, per me, non é che i tedeschi si vestono male e noi ci vestiamo bene, é che siamo stati educati con canoni di bellezza che richiedono uno sforzo cognitivo grandissimo per essere rispettati e noi riteniamo indispensabile rispettarli. Vedere un popolo a cui invece non importa nulla di tutto ció, ce lo fa apparire automaticamente incapace.
Per la cronaca, i vestiti che ho portato dall'Italia rimangono in valigia, sono praticamente inutilizzabili qui :-(

...continua...

Samstag, 3. August 2013

Come da italiana sono diventata turca.

L'aspetto non conta, si dice comunemente.
Ancor meno dovrebbe contare qui dove mi trovo, al confine tra Germania e Olanda, dove ci si vanta e non si manca di sfoggiare la multiculturalitá. Trovo bellissimo passeggiare per le strade e vedere, soprattutto in certi quartieri, molte piú sfumature di colore sulle facce delle persone, di quanto sinceramente mi aspettassi.
Ció non esclude che le differenze si vedano, siano notevoli e determinino il modo in cui gli indigeni si comportano con te.
Dopo un primo periodo in cui tastavo il terreno beatamente e tentavo di capire come i tedeschi reagiscono a questa loro societá multi-kulti, é toccato a me mettermi in gioco e comprendere in quale punto del puzzle avrei potuto sistemarmi.
Ma perché mai c'é il bisogno di sistemarsi, mi chiederete? Non si puó essere solo una persona tra le altre persone, a prescindere dai colori che i tuoi geni ti hanno generosamente donato, dal senso del bello che l'ambiente in cui sei nata ti ha infuso, dall'accento che la tua parlata assume quando non ti concentri per eliminarlo?
Sarebbe cosa buona ed auspicabile, ma no, non si puó.
E in fondo é anche conveniente che non succeda.
Da ormai quasi 60 anni il Paese dello Schnitzel é diventato una piccola Babele, in cui sono approdate etnie di tutti i generi, dapprima invitate con l'insulsa idea che aiutassero la ricostruzione e poi si levassero dalle scatole (ahah, ci credevano sul serio!), poi attratte dalla presenza di connazionali e dalla situazione economica fiorente. Cosí é iniziato un processo di fusione di culture e mentalitá che non si é piú fermato.
Ogni singolo popolo ha portato una precisa identitá, cibi, usi, ma soprattutto una diversa maniera di relazionarsi. I tedeschi sono stati forzatamente coinvolti in tutto questo e costretti a diventare flessibili, almeno esteriormente. Tuttavia ci sono sempre state e continuano ad esserci una marea di situazioni ai loro occhi insopportabili, che cercano di arginare con l'innocua arma dell'etichettamento.

La gamma di distinzioni comunemente raccolte sotto il termine Ausländer é vastissima. Questa parola ha nella mia mente sempre una connotazione vagamente negativa. In linea di massima si viene chiamati Ausländer quando si viene qui e si vuole usufruire dei vantaggi che la Germania offre senza obbedire alle leggi, rispettare le usanze, imparare la lingua, integrarsi in generale. Anche se nel dizionario tedesco il termine vuol dire solo "straniero", nella pratica si carica di significati e talvolta diventa quasi un insulto, esattamente come "Asi" (che peró merita un discorso a parte). 
Naturalmente la via piú semplice per cercare di riconoscere il luogo d'origine di un essere umano é l'aspetto fisico. Questo non ha nulla a che fare con il razzismo, um Gottes Willen, é solo una semplice constatazione visiva. 
Ció non toglie che la sottoscritta da un pó di tempo sia diventata, per i tedeschi, di volta in volta turca, pakistana, rom senza nemmeno aver aperto bocca, poi, al di lá del confine, per gli olandesi, tedesca o finalmente italiana, stavolta dopo aver parlato.

Ho una mia teoria sul fatto che dà origine a questo giudizio a priori.
I teutoni sentono la loro patria e la loro cultura permanentemente violentata da gente che non fa altro che urlare, provare ad evadere tasse e aggirare leggi, pretendere che le donne vadano in giro imbacuccate come ninja e attuare tutta una lunga serie di comportamenti antisociali.
Loro pagano davvero tanto allo Stato, perché possa garantire un ambiente gradevole e buoni servizi, poi guardano i TG e scoprono che parte consistente di quelle imposte é "regalato" (passatemi il termine) a Paesi stranieri che gli inveiscono contro chiamandoli nazisti ad ogni pié sospinto. Mezza Europa li odia senza sapere perché, nonostante il tedesco medio non abbia fatto nulla per meritarselo.
Se fate parte di quella categoria di Europei, beh, siate coscienti del fatto che il tedesco che vi troverete davanti (a meno che proprio a voi non capiti il parlamentare) non ha fatto né votato tutte le leggi che regolano il Paese. Loro vivono, come gli italiani, d'altronde, sottostando a norme che non solo spesso non gli piacciono, ma che vengono sfruttate da tanti (vedi Hartz IV), i quali, dopo averne fatto uso ed abuso, li trattano come stupidi per avergliene concesso la possibilitá e se qualcuno osa ribellarsi, beh, diventa di nuovo un nazista.

Ho un piccolo aneddoto a riguardo.
Una mia amica abita in paese qui vicino. Lei e il marito hanno lavorato e sudato per vent'anni, prima di potersi comprare la loro bella casetta. Quest'anno la casa a fianco alla loro si é liberata. É di proprietá di una signora di cui taccio la nazionalitá, che, avendo bisogno di liquiditá, ha affittato nel piú conveniente dei modi, ovvero ad una famiglia apolide con 4 figli, il cui affitto á pagato dallo Stato, perció sicuro.
I nuovi vicini non lavorano, nessuno di loro, chissá perché anche i figli invece di essere a scuola sono tutto il giorno in casa, fanno chiasso dalla mattina presto a mezzanotte (e la mia amica é infermiera, quindi spesso deve dormire di giorno), lasciano per qualche misteriosa ragione la spazzatura fuori dai bidoni, molestano il cane quando esce nel giardino posteriore ed hanno minacciato di uccidere il povero gatto. La mia amica ha tante volte provato a parlare loro fino ad arrivare a dirgli che avrebbe chiamato la Polizia.
Per tutta risposta si é sentita ridere in faccia, poi con, con l'inasprirsi dei toni, é stata ovviamente chiamata razzista e nazista.

Ok, forse é solo un brutto esempio che non puó essere generalizzato, ma potrei scrivere un libro intero collezionando simili esperienze capitate a miei conoscenti.
Personalmente non penso che tutti gli stranieri siano cattive persone, non lo pensano neanche i tedeschi.
Loro amano le culture diverse, ci sguazzano letteralmente, ma, al fine di prevenire scontri, tengono presente che, se una persona ha una certa provenienza, potrebbe (non significa che li ha) avere alcuni difetti.

Ecco il motivo per cui, entrando in un negozio, inizialmente il mio aspetto indecifrabile suscita perplessitá e fa reagire gli altri con freddezza, perché per la strada vengo apostrofata da signori baffuti in lingue incomprensibili, i quali si stupiscono quando rispondo in tedesco.
Non parliamo poi di quando in macchina do la precedenza ai pedoni, oppure in fila alla cassa faccio passare prima le vecchiette.
Tutti hanno in faccia la medesima espressione, un misto di incredulitá e gratitudine, e sembrano pensare: "Peró, quanto é gentile questa ragazza turca!"


Samstag, 20. Juli 2013

Il perfetto mix italo-tedesco

Ormai é piú di un anno che sono in Germania.
Cosí, istintivamente mi verrebbe da dire che il tempo é volato, perché soprattutto adesso mi ritrovo non so come, immersa nel weekend, dopo settimane velocissime e piene. Il sabato e la domenica sembrano per un attimo dilatarsi, poi all'improvviso si fa sera e sono cosciente che, per l'ennesima volta, i miei giorni di riposo sono finiti e l'indomani "geht's wieder los", ovvero si riprende con la routine quotidiana.
Saró matta, ma alla lunga, questa insensata velocitá diventa sempre meno accettabile.
Inizio a chiedermi se ho impiegato sufficientemente bene il mio tempo, faccio quasi un riassunto delle attivitá che ho svolto. Ho letto abbastanza? Mi sono presa cura di me stessa? Ho fatto sport? Ho passato abbastanza tempo con gli amici? Ho studiato olandese? E cosí via.
Purtroppo la risposta é permanentemente negativa. No, non é abbastanza.
O almeno non lo é per "godersi la vita" come lo intendo io.
Eppure contemporaneamente non mi riesce di trovare altri "buchi", altri frammenti di giornata da aggiungere alle attivitá che si dovrebbero fare per il puro piacere di farle.

Quando ero ancora in Italia immaginavo questo stile di vita da lontano e mi pareva equilibrato, rappresentava per me la normalitá di una persona inserita nella societá, che dunque lavora, torna a casa, fa le compere, beve un caffé con le amiche, il fine settimana esce e si diverte, va in ferie etc.
Anche vivendo giá qui, osservavo come si svolgeva la quotidianeitá dei locali e ammiravo molto che riuscissero a gestire tutte le cose che fanno si che un essere umano sia soddisfatto di se stesso.

Per farla breve, ho fortemente voluto e mi sono discretamente sudata la mia routine.
Ora, nonostante tutti gli svantaggi e i lati negativi che ha, non la abbandonerei comunque. Diciamo che ho lasciato le vecchie catene per comprarne delle nuove, mi sono costate un bel pó, ma le ho scelte io stessa e le porto in giro con fierezza, anzi, di questi tempi mi ritengo molto fortunata a potermi permettere di lamentarmi di tutto questo.

Riguardo al tempo che passa troppo in fretta, non c'é molto da fare, non dall'esterno, in ogni caso.
Sono convinta che la percezione dello scorrere dei giorni e degli anni faccia parte di una serie di filtri con cui guardiamo il mondo, allo stesso modo delle credenze e dei valori.
Cercheró di godermi di piú i singoli momenti, di apprezzare le piccole cose. Forse faró come i tedeschi, che al primo raggio di sole corrono all'esterno per non perderselo. Oppure come una mia grande amica che vive in Italia, che quando mi scrive e mi racconta di lei non dimentica mai di aggiungere "come se non ci fosse un domani".
So che é solamente un modo di dire, peró in qualche modo rispecchia una maniera di intendere la vita molto italiana, quasi spensierata, o meglio, con un occhio veloce al futuro e l'altro ben concentrato nel presente.
Qui la si pensa diversamente. Prevale la cultura della pianificazione, possibilmente non si lascia niente al caso.
Probabilmente dovrebbero imparare da noi o, chissá, sarebbe piú conveniente se noi imparassimo da loro.
Ma ho l'impressione che, come quasi per tutte le cose, se si potesse fare un mix tra costumi teutoni ed italici, si troverebbe la giusta via di mezzo per stare meglio tutti.

Peccato che ognuno sia convinto e radicato nelle proprie abitudini. Un tedesco mediamente pensa che in Italia si viva piú felicemente che in Germania, salvo poi lamentarsi di disservizi vari. Un italiano, nonostante ammetta che l' "attitude" germanica sia piú funzionale, pensa che in fondo sia frutto della tipica freddezza tedesca.
Hanno ragione e si sbagliano entrambi.
Peró solo quando vivi in modo stabile qui (puó darsi che succeda anche ai teutoni che vivono in Italia) e diventi una sorta di mostro mitologico a due teste con  mentalitá uguali e opposte realizzi quanto ci sarebbe da quadagnare se riuscissi a fonderle perfettamente.

Dienstag, 16. Juli 2013

La generazione dei creduloni

Quando si é giovani si hanno mille idee, si pensa di avere tempo, un limite indefinito entro il quale decidere veramente cosa fare della propria vita.
Poi una mattina ti svegli, i 30 sono alle porte e non sai se fai piú parte della categoria dei giovani. Non sai se hai ancora il diritto di non avere idea di cosa farai "da grande", perché ormai lo sei giá. Eppure non hai certezze. Da bravo hai studiato, tanto, tantissimo. Ma chi te l'ha fatto fare? Ci sono solo minime probabilitá che tu riesca ad affermarti nel tuo campo...
Rimani lá, nel limbo, ad aspettare. Se sei fedele alla teoria secondo cui con la costanza prima o poi otterrai ció che ti meriti, attendi pazientemente. Altrimenti ti metti a fare un lavoro qualsiasi, che non ti piace, in cui ti senti umiliato, che vorresti lasciare ma non puoi.
Questo tristissssimo ritratto rappresenta una grossa fetta della mia generazione, che io penso essere una delle piú ingenuamente credulone.
Siamo nati in un mondo ancora piccolo e ben delimitato. Chi ci ha educato ci ha fatto delle enormi promesse.
Ci avevano detto che avremmo potuto essere chi e ció che volevamo, solo volendolo, quasi magicamente.
"É un vostro diritto inalienabile", cosí avevano detto. Ci hanno dato il meglio di quel che potevano offrire in termini di tenore di vita, poiché seguivano la logica secondo cui bisogna dare ai figli (o alla generazione successiva), ció che non si ha potuto avere.
Tanti erano figli di una classe medio-bassa o bassa ed erano riusciti con sforzi enormi a migliorare la loro situazione sociale originaria. Fra l'altro pareva che questo progresso potesse proseguire all'infinito o quasi.
Mentre noi crescevamo, alimentati a pappe ed ottimismo, il mondo cambiava, cresceva, si impoveriva, si complicava. Tutto ció non é successo in un giorno. i segnali c'erano da decenni e si poteva tranquilamente intuire dove sia sarebbe andati a parare, se si fosse stati piú lungimiranti.
Questo si puó affermare solo a posteriori. "La nostra é una scienza triste" diceva un mio prof "possiamo solo commentare dopo che il disastro é successo."
Qui peró non parliamo di scienza astratta, la veritá é che ci hanno mentito. Tutti.
Che lo abbiano fatto in buona fede non cambia lo stato delle cose.
Certo, sarebbe una magra consolazione, anche un pó semplicistica, fare un sommario processo e mettere alla gogna genitori, insegnanti e chiunque sia stato, direttamente e indirettamente, un educatore. Va bene, non cedo alla tentazione.
La realtá dei fatti é che non abbiamo sviluppato gli anticorpi, né fisici, né psicologici, per uscire vincenti da questa lunga battaglia.
Quando sono partita e sono arrivata qui, ho impacchettato anche le mie speranze. Mi sono rifiutata di aver perso senza aver giocato.
Ho trovato un altro mondo, quasi opposto.
I tedeschi imparano da piccolissimi a combattere per ottenere.
Non hanno la competitivitá nel sangue, gli viene infusa dall'ambiente, con ogni azione ed ogni parola. Vengono incanalati in un sistema educativo che li forgia e li indirizza a fare scelte importanti fin da subito Se non sono giuste, il sistema li sanziona.
Cosí imparano dai propri errori e sviluppano gli strumenti adatti a farli sopravvivere, quando saranno adulti. Non per questo non si godono l'infanzia. Giocano tanto, stanno a contatto con la Natura, si sporcano, fanno sport, insomma, sono "normali", anche nel senso che noi attribuiamo al termine.
Inoltre, iniziano a lavorare prestissimo. Lavoretti per le vacanze, per i weekend, i giornali sono pieni di annunci rivolti ai teenager. Fanno di tutto, l'importante é guadagnare qualche soldino.
Allo stesso modo, decidono cosa studiare, senza crucciarsi se non sono adatti per l'universitá. Perció quasi tutti trovano un lavoro nel proprio campo di studi, vanno a vivere da soli ed ecco fatto: a 18 anni sono adulti a tutti gli effetti.
Da questo punto di vista mi sono ritrovata ad essere una mosca bianca. Non riuscivano a credere che alla mia etá non avessi una laurea né una qualifica professionale.
Eppure ho imparato in fretta a riciclarmi, e me ne é stata data la possibilitá senza impormi limiti. A qualunque etá, se sei costante, vuoi davvero qualcosa e hai le potenzialitá per farlo, ottieni ció che desideri.

Aspetta, riavvolgiamo...io questa storia l'ho giá sentita!
Eh giá, é la stessa con cui sono cresciuta, soltanto modificata in alcuni minimi particolari.
Diventare ció che vorresti, avere la vita a cui aspiri non é un diritto, devi guadagnartela. E soprattutto essere abbastanza realista da rinunciare, qualora ti accorgessi che l'obiettivo non é alla tua portata.
Non c'é vergogna nel non essere aderenti ai modelli che ci vengono presentati come gli unici  a cui rifarsi.
Beh, ci voleva molto a dirmelo 20 anni fa?

Montag, 15. Juli 2013

La dogana é nei geni

Insularitá.
Un termine che tante persone non hanno mai pronunciato nella vita e che a molte é totalmente estraneo come idea.
Se sei nato e hai vissuto la maggior parte della tua esistenza su un piccolo lembo di terra delimitato dal mare, facendo capolino solo ogni tanto per vedere il mondo lá fuori, sai di cosa parlo.
Non si puó dire che sia un concetto che riguardi solamente l'esterioritá di un essere umano. L'isola é un microcosmo, i suoi confini diventano quelli del tuo io. Lei ti appartiene ma piú di tutto tu appartieni a lei, la senti scorrere nel tuo sangue, la sua storia di conquiste e resistenze; la tua ment é forgiata nei suo monti di calcare e granito, che hanno visto trascorrere ere rimanendo immobili e non lasciandosi scalfire.
La sua cultura antica, legata alla natura, é scritta nei tuoi geni, fa di te un essere raro ed esotico, nella marea dell umanitá.
L'esterno dell'isola, il "Continente", il mondo intero, sono estranei, lontani. Tutto quel che c'é al di lá del mare é perció in qualche modo "altro" da te.
Eppure noi creature insulari ci troviamo a decine di migliaia sparse per il pianeta.Nei miei viaggi precedenti non mi era mai accaduto di sentire questa differenza.
Ecco che ora mitrovo improvvisamente nel cuore dell'Europa in mezzo a gente che é abituata a spostarsi da una parte all'altra del nostro continente senza porsi il problema dei confini. Dicono che essi si trovino solo nella nostra mente, che siano un concetto inesistente, spazzato via da Internet, dai trattati e dalle migrazioni.
Questa spiegazione mi catapulta in un'ulteriore dimensione che é per me fonte di continua meraviglia. Non smetto di sorprendermi quando, guidando su una strada qualunque, tutto ció che resta a segnalarmi il passaggio da uno Stato all'altro é un cartello blu che mi dá il benvenuto.
In un secondo la gente del posto cambia colore, abitudini, mentalitá e lingua. Ma tu resti comunque, in qualche modo, "a casa".
Tutto é vicino: Parigi, Londra, Berlino Vienna, Oslo, Varsavia sono ad un tiro di sputo quasi che basti uno sforzo di volontá a teletrasportarti dove desideri.
Solo per me questo ha dell'incredibile? Non lo so, peró lo trovo meraviglioso.